Il senso dell'ossessione per il peso dei pesci, che porta qualcuno a spararla grossa, magari in buona fede, e finire impallinato, mi sfugge completamente. Il dentice più grosso che ho preso è stato una cattura facilissima, e lo stesso potrei dire per diverse cernie grandi che ho portato a casa. Mi è capitato invece di dover ricorrere a tutta la mia esperienza ed a tutta la mia apnea per un banale cefalo, o per un sarago. Anche da un punto di vista ambientalistico, prendere pesci piccoli è un danno, ma lo è anche prelevare femmine grandi riproduttrici, portatrici di patrimoni genetici vincenti. Forse anche peggio, se la cattura avviene nel momento della riproduzione, come quando si tira ad una spigolona carica di uova, le cui foto o video postumi ottengono like su like, mentre un polpetto, animale dal ciclo vitale di un anno, preso da un ragazzino, spesso viene trattato come un crimine coltro l'umanità. Il senso del trofeo legato al peso è quasi ridicolo. E allora che bisogno c'è di pesare i pesci, o di non pesarli e sparare evidenti bugie? Non basta dire " Un bel dentice che mi ha fatto sudare", o "un bel pesce che mi ha dato grande soddisfazione", invece che " un dentice di 4,8 kg", anche quando magari la foto racconta altre cose? Tralascio lo sbandierare peso e "pezzi", come se il carniere fosse un puzzle, su catture multiple, fuori dalle gare... E' ovvio che prendere un bel pescione per qualsiasi pescatore è sempre meglio che prenderne uno più piccolo, ma una volta che è un bel pesce, conta così tanto che sia 4,850 kg o 5,200 kg? Conta così tanto da spingere addirittura qualcuno a mentire in modo a volte sfacciato? Evidentemente non riusciamo proprio ad uscire dalla atavica competizione a chi, in un modo o in un altro, ce l'ha più lungo. La pesca, specialmente quella in apnea, dovrebbe essere un'altra cosa.
Questa la singolare ed inaspettata risposta che ho avuto dalla Direzione del parco.
Mi trovavo in Francia, nella zona di Hyeres, tra Tolone e Cannes. Come faccio spesso quando mi trovo in una zona dove c'è un parco, avevo organizzato una o due giornate dedicate alle riprese ambiente. Avevo sentito dire da più parti che il parco di Port Cros meritava senz'altro una visita. Avevo anche avuto rassicurazioni da persone del posto sull'assenza di problemi per le riprese subacquee. Per essere assolutamente certo di non incorrere in problemi o fare qualcosa di scorretto, non avendo ricevuto alcuna risposta alla richiesta di informazioni inoltrata direttamente alla Direzione un mese prima della partenza, ho deciso di guardare con maggiore attenzione il regolamento sul sito del parco, di non facilissima consultazione per la sua struttura, soprattutto per un non madrelingua Francese. Mi scappa fuori un documento da dove si evince che per riprese "commerciali" è necessaria un'apposita autorizzazione. Grazie ad un amico francese che mi fa da ponte, riesco a prendere un appuntamento presso la sede del parco a Hyeres. Il personale, con grande gentilezza, raccoglie le mie richieste, ma dapprima velatamente, poi in maniera più chiara, mi fa capire che non sarà facile ottenere l'autorizzazione. A parte che è previsto che si paghi qualcosa (non ho saputo quanto perché non sono arrivato nemmeno a quella fase), ci vogliono almeno cinque giorni per l'iter burocratico (per autorizzare una giornata di riprese, io ed il mio operatore, entrambi in apnea, senza fari...), ma soprattutto, le direttive sono di non accettare riprese che possano essere destinate a qualcosa che abbia a che fare con la pesca, nel mio caso ad un canale di pesca sportiva. Il motivo è che vedendo le immagini di pesci, i pescatori potrebbero essere invogliati ad andare a pescare di frodo nel parco... Sorpreso, faccio osservare che i filmati sono dei racconti di viaggio, che racconto un posto illustrandone sempre anche cose interessanti che non siano solo la pesca, che preciso sempre, quando mi capita di visitare una zona protetta, che nel parco è assolutamente vietata ogni forma di pesca e che i controlli sono stringenti, che i commenti che aggiungo non sono incitazioni a pescare nel parco ma ad apprezzare quello che si può vedere, facendo la massima attenzione a tutti gli aspetti regolamentari.... Nessun risultato. Ci suggeriscono qualche altro posto fuori dal parco per andare a fare riprese. Ovviamente faccio notare che se fuori dal parco fosse come dentro, non ci sarebbe alcun motivo di avere un parco. Le due addette mi sembrano sinceramente dispiaciute di non poter fare nulla per venirmi incontro, probabilmente capiscono dopo aver visto alcuni spezzoni girati in altre riserve che ho con me nel computer che effettivamente non c'è nulla di male, ma le direttive sono quelle, ci dispiace, niente da fare... Credo che si tratti di un'ingiustizia, peraltro assurda. Trattare tutti i pescatori sportivi come potenziali bracconieri, capaci di andare a rischiare l'arresto per prendere qualche pesce dopo che l'hanno visto in televisione è addirittura offensivo. Tanto varrebbe, allora, vietare le riprese in assoluto, perché i pescatori potrebbero vederle altrove, in qualsiasi filmato di un qualsiasi documentario. Poi senza vedere le immagini certo non se lo immagina nessuno che in un parco piccolo e controllato bene dove è vietata qualsiasi forma di pesca sportiva e professionale ci sia più pesce rispetto a dove professionisti e sportivi martellano tutti i giorni... Bah, davvero una grossa delusione.
Ho avvistato corvine in piccoli e grandi branchi, composti da esemplari anche di dimensioni notevolissime, in molti posti dove in altri tempi sarebbe stato difficile avvistarne ed avvicinarne qualcuna. Alcuni esemplari anche sopra ai due chili, quasi sempre avvicinabili con grande facilità, in tana e fuori. Si tratta di un periodo normalmente molto favorevole per gli incontri con questi pesci, ma mi sento di poter dire con certezza che il numero e la qualità degli avvistamenti sono stati decisamente superiori a quelli degli anni passati. Mi vengono in mente due osservazioni. La prima è che i pesci imparano molto in fretta. O dimenticano molto in fretta, che in questo caso è la stessa cosa. In pochi mesi non sentono più il bisogno di fuggire in qualche meandro inesplorabile o nella posidonia, ma si fanno avvicinare tranquillamente dal pescatore in apnea. Le corvine sono tornate in posti che avevano abbandonato, o dove avevano forse imparato a sparire alla vista dell'intruso. Per la mia esperienza, in questa ed altre occasioni, mi sento di poter dare per dimostrato che la pesca in apnea influisce sul comportamento dei pesci. La corvina, così come la cernia, è una specie indicativa, perché non è grandemente disturbata da altre forme di pesca. In un anno circa, i pesci hanno adattato di nuovo i loro comportamenti al venir meno di una delle minacce. Altrettanto evidente mi sembra il fatto che la pesca in apnea influisca sui comportamenti, ma non sugli stock. La moratoria è entrata in vigore da meno di un anno. Ci vuole molto di più perché una corvina raggiunga una taglia superiore al chilo, come la maggior parte di quelle che ho incontrato (un paio di esemplari superavano sicuramente i due chili e mezzo, uno dei quali in sette metri d'acqua). Se la pesca in apnea avesse effettivamente ridotto il quantitativo di questi pesci, ci sarebbero voluti sette o otto anni, nella migliore delle ipotesi, per vedere un ripopolamento significativo, con grandi riproduttrici in circolazione. La stessa osservazione può essere fatta nei confronti della cernia, che riappare rapidamente, anche a distanza di pochi mesi, con esemplari di diversi lustri di età, in zone dove non era più facile vederne, a seguito dell'istituzione di una riserva dove la pesca in apnea è vietata. Ovviamente, la enorme diffusione di esemplari di piccola taglia laddove la pesca in apnea è permessa sarebbe di per sé un indicatore evidente del fatto che i pesci più grandi ci sono e svolgono la loro naturale attività di vita e riproduzione, ma senza rendersi visibili. Per qualche motivo queste osservazioni non sono mai state prese in considerazione, e pesci considerati "in pericolo" a causa della pesca in apnea, non lo sono affatto. E' invece senz'altro vero che chi pratica attività di diving può beneficiare della maggiore disponibilità dei pesci a farsi raggiungere da diversi rumorosi subacquei in immersione con le bombole, ed addirittura in qualche caso a farsi accarezzare, sperando che la pessima usanza di addomesticarli con la somministrazione di cibo non sia poi diffusa come sospetto, nelle zone dove l'uomo non è un predatore. Ma c'è una differenza sostanziale tra l'essere poco visibili ed il non esistere, e tra la tutela della natura o di un'attività commerciale. A mio avviso, il "visual census", strumento considerato affidabile dalla comunità scientifica per valutare e monitorare la presenza di pesce in una data area, anche se ultimamente rimesso in discussione, che prevede che un nuotatore annoti gli incontri visivi che effettua, ha in realtà dei limiti evidenti. La pressione diretta da parte dell'uomo, che viene riconosciuto come una minaccia, crea nei pesci dei meccanismi di difesa molto efficaci, che consentono loro l'elusione quasi totale. Non a caso, catture multiple nello stesso branco, anche a distanza di tempo, sono molto rare nella pesca in apnea, e praticamente impossibili nelle tecniche che non siano la pesca in tana, mentre sono normali nella pesca con la lenza (es. dentici nella traina con il vivo). Se è difficile anche per un pescatore in apnea esperto ed assiduo incontrare i pesci, che pure ci sono, figuriamoci per un osservatore meno preparato. Il problema è che usando uno strumento non valido per monitorare una situazione, si possono avere risultati, e di conseguenza risposte dal punto di vista dei regolamenti e della tutela, non necessari, non adeguati, o non efficaci. Come misurarsi la febbre con un termometro rotto. E così, mentre le ricciole stanno effettivamente sparendo per l'opera della pesca industriale, particolarmente del cianciolo, senza che venga preso alcun tipo di provvedimento, si deve leggere sulle didascalie in qualche importante Acquario che alcuni pesci sono a rischio a causa della pesca in apnea....
Ultimamente mi è capitato di vedere sui social network diversi post con qualche foto che mostra pesci perfettamente legali, anche se non di gran prestigio, spesso messa su da un ragazzo alle prime armi, e di seguito commenti aggressivi in quantità, a flagellare l'appestato di turno. Il mio punto di vista è che esiste una legge, che stabilisce misure minime e quantità massime che è possibile prelevare dal singolo individuo dalla risorsa comune e condivisa che è il mare. Chi si attiene a questa legge, e cattura quindi pesci di taglia e specie legali, senza eccedere, non può essere ragionevolmente attaccato. Nel senso che nessuno può pretendere che un pescatore in apnea, magari alle prime armi, non catturi un pesce tordo o un pesce civetta. Se non li vende, e se li mangia, ha pieno diritto di farlo. Il pescatore che ha idee diverse può, gentilmente, suggerirgli dei punti di vista diversi, ma a nessun titolo ha il diritto di offenderlo o di imporgli idee di etica che sono, di fatto, del tutto personali. Non è scritto da nessuna parte che un pesce raro e di grande taglia, spesso femmina grande riproduttrice, sia meno importante per l'ambiente che un pesce come un tordo di media taglia. Anzi è vero il contrario, e la sportività è un concetto relativo. E' importante puntualizzare che quello che conta a livello ambientale è il prelievo, il modo più o meno sportivo in cui avviene è tutto sommato una perversione che ci piace concederci, a volte autogratificante. Tre cernie prese con grande capacità atletica a quaranta e più metri con corrente forte ed acqua torbida sono comunque più "pesanti" che quattro lappare e quattro saragotti sparacchiati a cinque metri d'acqua, per non parlare di spigolone di sette o otto chili, magari cariche di uova, mentre si critica chi prende l'esemplare da 500 grammi, che ha probabilità molto ridotte di raggiungere la taglia riproduttiva. Mi piacerebbe vedere la stessa veemenza fustigatrice contro i carnieri illegali, In questo caso si potrebbe e dovrebbe intervenire a pieno titolo, dato che l'individuo abuserebbe di una risorsa condivisa a danno di altri, irridendo le regole che, giuste o a volte sbagliate, sono quello che tiene insieme una convivenza civile tra persone diverse. Per come la vedo io, la cosa fondamentale è restare nel rispetto del regolamento, che stabilisce giustamente dei limiti nella possibilità di prelievo di una risorsa importante e condivisa. Per un pescatore di livello alto, che sparando a tutto quello che incontra raggiungerebbe i fatidici cinque chili in un'ora, con carnieri poco gratificanti di pesci di scarso pregio, è ragionevole alzare il livello, e selezionare pesci di maggior impegno sportivo. Per il pescatore alle prime armi, invece, è perfettamente lecito catturare quello che il mare ed il regolamento consentono, e chi, più esperto o con idee diverse, volesse suggerire una maggiore selettività, dovrebbe cercare di farlo con un atteggiamento cordiale, e non censorio, per non finire allo stesso livello di alcuni, non solo addetti al settore diving, animalisti, ma anche pescatori di altre discipline, che reputano il catch senza il release una barbarie inappellabile, pretendendo di imporre la loro fede a tutti attraverso la violenza verbale. Qualche informazione sulla programmazione di episodi da me prodotti: da venerdì 5 dicembre inizia la programmazione di otto nuovi episodi della serie "I vagabondi della pesca in apnea", una di quelle di maggior successo. La programmazione prevede la messa in onda di un nuovo episodio ogni venerdì alle 21:00. Le destinazioni sono Centuri e Porto Pollo in Corsica, Marsala, l'Isola del Giglio, Sivota in Grecia, e l'isola di Sal a Cabo Verde. Inoltre, per gli abbonati a SKY che non sono anche abbonati al canale, è ora possibile vedere come video on demand alcune delle puntate più belle ed interessanti di quelle realizzate, tra le quali "Nei primi quindici metri 2", "LABC della pesca in apnea" e "I vagabondi della pesca in apnea":
http://www.cacciaepesca.tv/pesca/news/i-nuovi-titoli-di-pesca-tv-su-sky-demand-ottobre Esiste un piccolo paradiso nel Mediterraneo. Un posto meraviglioso, dove per una giornata si può provare la magia di un viaggio all’indietro nel tempo, fino a prima che la mano pesante dell’uomo cambiasse velocemente l’aspetto e la sostanza del nostro amato mare. Si chiama Scandola, e non è poi troppo lontano né difficile da raggiungere. E’ un Parco Marino, ritagliato circa cinquanta anni fa in uno scenario naturale tra i più belli del mondo. Viaggiare al tramonto, in una serata limpida di maggio o di ottobre, lungo le scogliere a picco che da Piana arrivano a Porto, con il sole che accende le scogliere rosse, affacciarsi sul Golfo di Girolata, o ammirare dal mare le strane forme degli scogli, forgiati da qualche vulcano, ed erosi dal vento e dal mare in tempi non comprensibili per noi ospiti in rapido passaggio, sotto il volo impeccabile del falco marino, mentre le capre selvatiche scendono fino alla riva a mangiare, è qualcosa che nessun amante del mare e della natura dovrebbe mancare di fare, almeno una volta nella vita. Per noi che abbiamo sempre l’occhio più attratto dal blu che da altri colori, la parte più bella è sott’acqua. E’ possibile incontrare ed ammirare praticamente tutte le specie del Mediterraneo. Saraghi maggiori in branchi, cernie di ogni dimensione, corvine sospese immobili sopra piccole frane di massi, dentici che con lo sguardo fiero arrivano per controllare chi si stia avvicinando…. E la cosa bella è che questi pesci vanno meritati, perché sono pesci selvaggi. Le cernie non si avvicinano all’uomo, perché non sono state abituate a prendere da mangiare dalle mani di subacquei che le hanno trasformate in cagnolini ammaestrati, riducendo un parco a poco più di un circo per il piacere di estranei paganti. I pesci ci sono, tanti, bellissimi, ma scappano se si tenta un approccio troppo diretto, o se si resta troppo tempo nello stesso posto. Le uniche anomalie sono i posti dove le scogliere a picco lasciano spazio a piccoli spazi con acqua bassa, dove si può ancorare, e dove probabilmente dalle barche si butta in acqua qualcosa che i saraghi e le occhiata possono mangiare. Il parco è molto piccolo. La parte a mare misura circa 650 ettari. L’AMP delle Egadi 53.992 ettari. Quasi 100 volte di più. E’ vietata dappertutto l’immersione con le bombole. Sono vietati tutti i tipi di pesca. In qualche AMP italiana, oltre a tutte le forme di pesca sportiva tranne quella in apnea, sono ammesse quasi tutte le forme di pesca professionale, compreso il cianciolo (AMP Regno di Nettuno, sentenza TAR Campania). La Scandola è controllata in modo costante ed efficace (forse è più facile controllare 650 ettari che 53.992, soprattutto quando le risorse sono limitate). Insomma, il parco funziona, e funziona bene, è fruibile e fruito, visitato ed amato da tutti. Probabilmente non costa nemmeno moltissimo, e si possono far rispettare le giuste regole senza pesare sulle normali attività. Troppo complicato? Le immagini girate nella meravigliosa giornata alla Scandola faranno parte dei uno degli episodi della serie "I vagabondi della pesca in apnea, prossimamente in onda su Pesca TV Sky 236 Il canale satellitare tematico Pesca TV Sky 236, con cui collaboro da molti anni, ha messo a disposizione su youtube alcuni filmati, che comprendono tutorials ed estratti da varie serie. Per visionarli tutti basta cercare "pesca in apnea" all'interno del canale Youtube Pesca TV Sky 236. Un anticipo: Sono appena tornato da una trasferta in Corsica, sul versante occidentale, in una località che conoscevo abbastanza, essendoci stato qualche anno fa. Obbiettivo della trasferta, girare un nuovo episodio de "I vagabondi della pesca in apnea", prossimamente in onda su Caccia & Pesca, canale 235 di SKY. Al tempo, la trasferta risultò decisamente positiva, e riuscii a pescare diversi pesci meravigliosi, tra i quali un'enorme ricciola, un bel dentice, e diverse corvine veramente corpulente (oggi purtroppo proibite in Francia, Corsica compresa, insieme alla cernia, la cui cattura è interdetta ormai da anni). Questa volta ho trovato condizioni molto diverse. Apparentemente meravigliose, con mare calmissimo ed alta pressione stabile, acqua calda e sole. Però, al giorno d'oggi, per poter trovare dei bei pesci in acqua bassa, bisogna che ci siano delle situazioni particolari. E' inutile negare che, ormai ovunque, i pesci tendano a stare nei bassi fondali costieri il meno possibile. I fattori che solitamente portano i pesci ad avvicinarsi in basso fondo sono una bella smossa di mare, un termoclino particolarmente alto, o condizioni particolari di orari e maree, per i quali bisogna saper cogliere la mezz'ora giusta. La smossa di mare rende facile per i pesci alimentarsi dove le onde smuovono e rimescolano il fondale, favorendo comunque l'attività dei predatori che possono muoversi tra torbido, schiuma, e rumori fortissimi, avendo buone probabilità di avere successo. Il termoclino alto porta i pesci, soprattutto in zone con fondali ripidi, a cercare gli strati superficiali più caldo, dato che sono animali a sangue freddo. Ed anche i movimenti di marea e di luna hanno un'importanza fondamentale sull'attività dei pinnuti in basso fondo.
A rendere il tutto ancora più complicato, una bella luna piena che rischiarava le notti come un faro. Nei primi giorni abbiamo riscontrato il vuoto totale, con incontri e catture praticamente nulli. Qualche cefalo, pochi saraghi, peraltro piccoli e nervosissimi, mediamente un solo bel pesce visto al giorno, con sette ore di pinneggiata e spostamenti continui di posto in posto. Poi, gli ultimi due giorni, finalmente li abbiamo trovati. Dopo aver tentato la sorte per giorni in posti bellissimi lontani anche 12 miglia dalla nostra base, abbiamo iniziato a perlustrare il sotto costa apparentemente quasi insignificante proprio sotto la casetta che avevamo affittato
Indubbiamente la Corsica soffre il forte calo di pesce generalizzato più o meno come gli altri posti, malgrado posa godere di condizioni molto favorevoli per l'assenza di una vera flotta peschereccia e per la scarsissima antropizzazione del territorio. Anzi, probabilmente la senzazione di calo è più avvertibile che altrove, dato che il passaggio dal molto al poco è più evidente che quello dal poco al pochissimo o quasi nulla avvenuto in altre zone. Però i pesci ci sono ancora. Anche lì, è diventato molto importante cambiare ed adattare tecniche e strategie, andando a cercare i pesci in posti normalmente trascurati, ed abbandonando quelli più spettacolari ma poco produttivi. Anche se prenderci qualche bel pesce è sempre più difficile, l'isola resta il mio posto preferito. Anche il viaggio da Bastia alla destinazione finale, che per un errore del navigatore che pensava probabilmente di farci realizzare un bel tunnel nella montagna, indicandoci una svolta a sinistra su un costone granitico, e che ci ha condotto per ore attraverso stradine montane, ci ha regalato incontri con un cinghiale, una volpe, ed altri animali selvatici in uno scenario di rara bellezza con alberi secolari e gole impervie.
Mi è capitato recentemente di seguire una discussione su Facebook, scaturita dalla cattura di una cernia perfettamente in regola da tutti i punti di vista, tra un detrattore della pesca in apnea ed alcuni sostenitori. La discussione è stata piuttosto tesa, anche se civile, ed elevata nella media dei commenti. La cosa principale che mi è balzata all'occhio è stata la ricerca di supporti scientifici a vantaggio di posizioni di stampo ideologico o religioso. In sostanza, mi è apparsa chiara l'impossibilità di arrivare ad una posizione comune condivisa basata su qualcosa di concreto. Ed il problema è proprio a monte. Non si potrà mai convincere una persona che non accetta il fatto che un uomo uccida un animale che la caccia, o la pesca o la pesca in apnea, regolamentate e gestite, siano attività del tutto compatibili con la salvaguardia dell'ambiente (l'animalismo, di per se, è ideologia o religione ben diversa dall'ambientalismo). Probabilmente è anche inutile perdere tempo in discussioni, dato che purtroppo quasi tutte le religioni e le ideologie tendono ad essere intolleranti, ed a prendere per buona qualsiasi castroneria, anche insostenibile, che vada a vantaggio del proprio dogma. Una delle frasi più ricorrenti è "ma voi uccidete per divertimento...". Ma anche mangiare un pesce selvaggio pescato dalla pesca professionale invece che uno allevato o un uovo o un pezzo di formaggio, a mio avviso, è una forma di divertimento. Si potrebbe mangiare altro e sopravvivere. E non ho mai sentito uno dei tanti detrattori della pesca in apnea (che poi magari sono persone che competono nella stessa nicchia, come pescatori con altre tecniche, fotografi che vorrebbero avere dei modelli invece che degli animali veri, etc), che poi mangiano pasta e vongole o pesce al sale senza rimorsi, esclamare: "questa vivanda soddisfa la necessità impellente del mio corpo di un apporto corretto di proteine nobili ed altri elementi!", ma piuttosto qualcosa del tipo "veramente buono!". Non ne ho mai visto uno con la lacrimuccia all'occhio, costretto nonostante tutto ad assumere quel boccone per mera sopravvivenza. Quindi piacere e non necessità, derivante dall'uccisione commissionata a terzi di un animale. Solitamente chi si lamenta del fatto che uccidiamo animali non nega di accendere il condizionatore in casa o l'impianto di riscaldamento quando potrebbe sudare un po' o indossare un maglione invece di girare in casa in maglietta a gennaio, usa l'automobile, dopo averla acquistata, causando così più o meno indirettamente guerre nel mondo ed esercitando pressione su riserve non rinnovabili, per spostamenti anche minimi e futili (divertimento, non necessità), indossa scarpe in cuoio, butta in lavatrice capi indossati per un giorno, usa congegni tecnologici non indispensabili che concorrono certamente a creare danni ambientali, etc, etc. Tutte cose che su scala planetaria hanno un impatto ambientale ben superiore a quello della caccia e della pesca. Ma sono tutti capaci ad essere generosi con i soldi degli altri... Altra classica osservazione: "ma il professionista ci campa, voi uccidete per gusto"...... Il professionista ci campa perché c'è chi compra, per gusto, e si torna al discorso precedente. ma anche nella pesca sportiva c'è una quantità notevole di persone che "ci campa". Una, ad esempio, sono io, più quelli che gestiscono un negozio di articoli per la pesca, più i lavoratori delle aziende che producono prodotti per la pesca, etc. E c'è l'indotto degli alberghi, delle autostrade, del carburante, etc. La sola differenza, avvalorata da studi fatti in vari paesi, tra i quali Inghilterra, Stati Uniti ed Australia, è che per un chilo di pesce prelevato dalla pesca sportiva, che incide sugli stock in percentuali irrisorie, ed un chilo di pesce prelevato dalla pesca professionale, che in particolare quando industriale è scientificamente riconosciuta come insostenibile, il saldo attivo è non paragonabile. A vantaggio, ovviamente, della pesca sportiva.
Se avessi un carattere diverso, ed avessi un'altra passione, e facessi un altro lavoro, forse tutto questo mi farebbe ridere. Probabilmente siamo di fronte a trasformazioni ineluttabili, delle quali sarebbe interessante studiare e capire le motivazioni, ma una cosa mi appare sempre più chiara, ed è che contro i dogmi o contro gli interessi non valgono le ragioni. Se vogliamo continuare a svolgere un'attività certamente ininfluente da un punto di vista di salvaguardia degli stock, appassionante, sana e naturale, dobbiamo far valere la nostra forza con la determinazione ed i numeri. Il tempo dell'andare a pesca a fregarsene di quanto accade è finito, bisogna darsi da fare! I professionisti, che operano su commissione di molti di quelli che non vedono di buon occhio la pesca in apnea, portando loro nel piatto quello che non hanno la capacità o il coraggio di prendere da soli, hanno raschiato il fondo del barile, in molti casi agiscono senza contrasti reali al di fuori delle regole e del buon senso, ma hanno numeri e rappresentanza, e ci vedono come competitors, dato che ormai ogni briciola è buona. Certo, sembra che alcuni di noi non si pongano problemi nel soddisfare la propria vanità complicando di molto le cose agli altri, pubblicando foto che dimostrano disprezzo per le regole, per il mare, per chi condivide la stessa risorsa, per chi cerca di far valere i diritti di una categoria e si trova dall'alta parte qualcuno che gli sbatte in faccia gli evidenti abusi di pochi a danno di molti, non riuscendo nemmeno ad essere almeno riservati se non casti, e si potrebbe andare avanti a lungo. Vedo grande impegno nel bacchettare su FB un ragazzo di sedici anni che prende un paio di pesci assolutamente legali e "trasparenti" per l'ambiente, e contemporaneamente nell'incensare qualcuno che preleva in eccesso, magari grandi riproduttori, magari di specie "sensibili", magari pubblicando foto che sui social network attraverso amici degli amici, arrivano dove non dovrebbero mai arrivare. Preferisco non ricordare il problema serissimo per tutta la categoria, che va a vantaggio soltanto di pochi, che è quello della vendita illegale del pescato, origine di molti comportamenti inaccettabili. C'è decisamente qualcosa che non va a livello culturale, se continua così, non abbiamo vita lunga. Chi ha a cuore la pesca in apnea ed ha gli elementi culturali ed intellettivi necessari, deve darsi da fare! Non bastano i comportamenti corretti, ci vuole la forza dei numeri, esiste una Federazione che si batte attivamente per la categoria. Il costo dell'associazione è irrisorio, irrilevante rispetto a quelli che sosteniamo per attrezzature sempre più inutili, viaggi etc. Basta con il Tafazzismo! Supportiamo F.I.P.I.A. Non ho ancora potuto vederlo tutto, ma mi è sembrato un video di ottima qualità. Bellissime immagini, in mari lontani e diversi dal nostro. Complimenti! |
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