Ho avvistato corvine in piccoli e grandi branchi, composti da esemplari anche di dimensioni notevolissime, in molti posti dove in altri tempi sarebbe stato difficile avvistarne ed avvicinarne qualcuna. Alcuni esemplari anche sopra ai due chili, quasi sempre avvicinabili con grande facilità, in tana e fuori. Si tratta di un periodo normalmente molto favorevole per gli incontri con questi pesci, ma mi sento di poter dire con certezza che il numero e la qualità degli avvistamenti sono stati decisamente superiori a quelli degli anni passati. Mi vengono in mente due osservazioni. La prima è che i pesci imparano molto in fretta. O dimenticano molto in fretta, che in questo caso è la stessa cosa. In pochi mesi non sentono più il bisogno di fuggire in qualche meandro inesplorabile o nella posidonia, ma si fanno avvicinare tranquillamente dal pescatore in apnea. Le corvine sono tornate in posti che avevano abbandonato, o dove avevano forse imparato a sparire alla vista dell'intruso. Per la mia esperienza, in questa ed altre occasioni, mi sento di poter dare per dimostrato che la pesca in apnea influisce sul comportamento dei pesci. La corvina, così come la cernia, è una specie indicativa, perché non è grandemente disturbata da altre forme di pesca. In un anno circa, i pesci hanno adattato di nuovo i loro comportamenti al venir meno di una delle minacce. Altrettanto evidente mi sembra il fatto che la pesca in apnea influisca sui comportamenti, ma non sugli stock. La moratoria è entrata in vigore da meno di un anno. Ci vuole molto di più perché una corvina raggiunga una taglia superiore al chilo, come la maggior parte di quelle che ho incontrato (un paio di esemplari superavano sicuramente i due chili e mezzo, uno dei quali in sette metri d'acqua). Se la pesca in apnea avesse effettivamente ridotto il quantitativo di questi pesci, ci sarebbero voluti sette o otto anni, nella migliore delle ipotesi, per vedere un ripopolamento significativo, con grandi riproduttrici in circolazione. La stessa osservazione può essere fatta nei confronti della cernia, che riappare rapidamente, anche a distanza di pochi mesi, con esemplari di diversi lustri di età, in zone dove non era più facile vederne, a seguito dell'istituzione di una riserva dove la pesca in apnea è vietata. Ovviamente, la enorme diffusione di esemplari di piccola taglia laddove la pesca in apnea è permessa sarebbe di per sé un indicatore evidente del fatto che i pesci più grandi ci sono e svolgono la loro naturale attività di vita e riproduzione, ma senza rendersi visibili. Per qualche motivo queste osservazioni non sono mai state prese in considerazione, e pesci considerati "in pericolo" a causa della pesca in apnea, non lo sono affatto. E' invece senz'altro vero che chi pratica attività di diving può beneficiare della maggiore disponibilità dei pesci a farsi raggiungere da diversi rumorosi subacquei in immersione con le bombole, ed addirittura in qualche caso a farsi accarezzare, sperando che la pessima usanza di addomesticarli con la somministrazione di cibo non sia poi diffusa come sospetto, nelle zone dove l'uomo non è un predatore. Ma c'è una differenza sostanziale tra l'essere poco visibili ed il non esistere, e tra la tutela della natura o di un'attività commerciale. A mio avviso, il "visual census", strumento considerato affidabile dalla comunità scientifica per valutare e monitorare la presenza di pesce in una data area, anche se ultimamente rimesso in discussione, che prevede che un nuotatore annoti gli incontri visivi che effettua, ha in realtà dei limiti evidenti. La pressione diretta da parte dell'uomo, che viene riconosciuto come una minaccia, crea nei pesci dei meccanismi di difesa molto efficaci, che consentono loro l'elusione quasi totale. Non a caso, catture multiple nello stesso branco, anche a distanza di tempo, sono molto rare nella pesca in apnea, e praticamente impossibili nelle tecniche che non siano la pesca in tana, mentre sono normali nella pesca con la lenza (es. dentici nella traina con il vivo). Se è difficile anche per un pescatore in apnea esperto ed assiduo incontrare i pesci, che pure ci sono, figuriamoci per un osservatore meno preparato. Il problema è che usando uno strumento non valido per monitorare una situazione, si possono avere risultati, e di conseguenza risposte dal punto di vista dei regolamenti e della tutela, non necessari, non adeguati, o non efficaci. Come misurarsi la febbre con un termometro rotto. E così, mentre le ricciole stanno effettivamente sparendo per l'opera della pesca industriale, particolarmente del cianciolo, senza che venga preso alcun tipo di provvedimento, si deve leggere sulle didascalie in qualche importante Acquario che alcuni pesci sono a rischio a causa della pesca in apnea....
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September 2015
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